LA TESTATA GIORNALISTICA SANTANTONESE

Questa pagina è dedicata a tutti coloro che hanno voglia di scrivere articoli o comunque, comunicare tramite i propri scritti, tutto ciò che accade nel territorio.

Inviatemi i vostri scritti tramite e-mail, firmate l'articolo in fondo ed io sicuramente sarò felicissimo di rendere pubbliche le vostre stesure.



SPAZZATURA TROPPO CARA, aumenti ingiustificati

Sono i cittadini di Aci Sant’Antonio questa volta nel mirino degli aumenti della TARSU (tassa per lo smaltimento rifiuti solidi urbani). Come ormai accade in molti comuni lo smaltimento dei rifiuti è una miniera d’oro per chi gestisce certi interessi e una voce di bilancio in rosso per le amministrazioni che collezionano debiti con le varie ATO di competenza.

Accade che ad Aci Sant’Antonio il 24 settembre del 2008 il neo eletto sindaco Pippo Cutuli aumenti ingiustificatamente del 20% la TARSU.

Un 20% ingiustificato perchè i costi per lo smaltimento secondo il tariffario non sono aumentati. Quale migliore occasione per far sollevare contro di se il popolo che ti ha appena eletto?!

Di queste voci in rivolta si sono fatti carico i gruppi d’opposizione PD – Cittattiva che con un pronto ricorso al T.A.R. hanno impugnato l’aumento, che i contribuenti hanno pagato lo stesso, sia nel 2008 che nel 2009.

La buona notizia per i contribuenti è arrivata il 16 novembre 2010, il T.A.R. ha annullato la delibera con la quale il Primo Cittadino aveva aumentato la TARSU. “Una bella storia di giustizia amministrativa” ha commentato in una nota diretta alla stampa il capogruppo d’opposizione Santo Caruso.

Adesso è il momento dei conti, i contribuenti santantonesi hanno diritto al rimborso di quanto pagato ingiustamente e speriamo che la giunta Cutuli eviti di rendere più difficile e pesante l’ottenimento di quanto, per diritto, adesso gli spetta.

                                                                   Vincenzo Barbagallo


SAT, come ti chiudo una ditta sana

 

A marzo scadrà la cig per 160 dipendenti altamente specializzati dell’ex polo dei sogni chiamato “Etna Valley”. Un impianto efficiente, dalla storia brillante, sbarra il futuro ai dipendenti seguendo logiche di profitto che sposteranno la produzione in Oriente

di Sebastiano Ambra

ACI S.ANTONIO (CT) – Prendi una manciata di leadframes, di transistor, la Fiat, la Zecca italiana, il Marocco, l’India, la Russia, la Stm e un significativo riconoscimento mondiale della Philips. Amalgama il tutto e mescolalo a 230 dipendenti. Poi scarta 70 dipendenti e agitali dentro una cassa integrazione straordinaria al 50 per cento. Infine liquida tutto dentro la legge 488/92, e dai un’ultima agitata ai dipendenti nella cassa integrazione. Tirali fuori solo alla prossima festa della donna. Bene, hai ottenuto la chiusura perfetta. La società Siciliana Automazione e Trinciatura.

La SAT S.p.a. nasce nell’83, quando produce particolari meccanici per aziende come Fiat, Marelli, Zanussi. In breve la Zecca italiana la omologa a sé per la produzione di tondelli (ricordate le 50 lire?): il lavoro va a gonfie vele, al punto da produrre monete per Marocco, India e Russia. Le richieste aumentano e aumentano, i dipendenti si moltiplicano fino a 230, l’estero diventa cliente principe. Aziende come Motorola, Sony, Philips si presentano alla cassa con un sorriso a 32 denti, al punto da offrire riconoscimenti che recitano “al miglior fornitore mondiale”.

Fra i clienti arriva pure la ST Microelectronics, il colosso catanese con sede a Ginevra che figura fra i più grandi produttori mondiali di componenti elettronici, fiore all’occhiello della cosiddetta “Etna Valley”. Per gli illustri vicini di casa (la SAT ha sede ad Aci Sant’Antonio, un paese ai piedi dell’Etna) vengono realizzati diffusori di calore. La ST in breve diviene primo cliente, ed è così vicino che un bel giorno chiede di pagare di meno. Abbastanza di meno: è il 2003, e la richiesta recita “-30%”. Questo, mescolato alla delocalizzazione della produzione di ST dal Marocco (dove i prodotti a marchio SAT vengono inviati), riempie di nubi il futuro dell’azienda santantonese. Comincia la crisi.

Nel 2007 viene attivato il contratto di solidarietà per i dipendenti: 7 mesi, fino a dicembre, quando un accordo d’incentivo all’esodo porta al taglio di 70 dipendenti. I tempi della Zecca sono lontani un millennio. Nello stesso momento della sforbiciata succede che l’amministratore delegato Paoluzi acquista la quota azionaria dell’altro ad, Puleio, diventando così amministratore unico. Le decisioni ora sono tutte sue, e il 2008 significa cassa integrazione straordinaria per tutti i dipendenti. Tutto l’anno.

Il 2009 invece è l’anno della liquidazione: a marzo viene presentata una richiesta di ammissione al concordato preventivo che le banche accettano per un piccolo, piccolissimo 13%; i lavoratori sono in cassa integrazione in deroga, i macchinari vengono venduti. A comprarli è la Interplex Industries, che pare non sia sconosciuta alla SAT: a detta dei dipendenti, già prima dell’istanza di ammissione al concordato preventivo la SAT aveva avuto a che fare con la Interplex. Sui macchinari, però, casca l’asino: negli stabilimenti è presente un’attrezzatura di tutto rispetto, altamente tecnologica, e in mezzo a metalli e luci si trovano cartelli che recitano “Bene finanziato ai sensi della Legge 488/92”. La 488/92 in termini concreti è la mano che il ministero delle Attività Produttive cominciò a tendere dal ’96 alle imprese che intendevano promuovere programmi di investimento lì dove le aree del paese erano ritenute “depresse”. La SAT ottenne i contributi in conto capitale, e alla fine dei 5 anni previsti come vincolo dalla disposizione legislativa, Paoluzi, unico a prendere le decisioni, chiese il concordato di cui sopra. Ora la logica del profitto recita: via tutti, andiamo a Est.

“Questi macchinari sono stati comprati con soldi pubblici, e ora se li portano via!”, urlano i dipendenti accampati sotto le tende e dentro l’umido di un tempo freddo tutto siciliano, davanti i cancelli della ditta. Loro e i ragazzi delle associazioni locali che provano a dare una mano, a gridare che Termini Imerese è la punta di un iceberg che si sta portando a fondo tutto il Sud. E mentre urlano, i camion sgommano in attesa che tutto venga caricato dentro, con destinazione Oriente. Lì, al limite, fare harakiri è concesso.

(23 febbraio 2010)


160 cassintegrati, sogni infranti a Etna valley

SAT
SAT

Nella solitudine delle crisi, al Sud, vengono fuori storie sconosciute all’Italia, e conosciute invece nel mondo. La SAT è un’azienda che produce leadframes per industrie elettroniche. I leadframes – “strisce”, spiegano gli operai – non sappiamo cosa siano, appunto. Si trova ad Aci Sant’Antonio, Catania. È una delle tre imprese leader mondiali del settore (un’altra in Europa, un’altra in Giappone). Vi lavorano 160 dipendenti altamente specializzati. Vi lavoravano: tutto l’anno scorso sono stati in cassa integrazione. E ora, la deroga scade l’8 marzo. La SAT è stata forse l’esempio migliore della bella e infranta illusione di Etna Valley, guidata da ST Microelectronic. Ora, la chiusura della SAT non riguarda soltanto la moralità di un capitalismo pronto a trasferire a Oriente un impianto innovativo ed efficiente per bieca logica di profitto, non riguarda solo quei lavoratori che presidiano ventiquattrore al giorno l’impianto, non per protesta mediatica ma per evitare che portino via i macchinari. Bel paradosso: la loro unica speranza è legata a quelle macchine ferme lì. Non riguarda solo il futuro di 160 famiglie. Non riguarda solo quei cittadini delle altre Aci che portano tè caldo e solidarietà. Riguarda una terra - la Sicilia, il Sud - e il modo di guardare ad essa. Di non guardare più, di abbandonare. Certo, c’è sempre una crisi che precede la crisi. E quando la chiusura di una fabbrica mette a rischio il futuro di un intero territorio, è evidente che il fallimento c’è già stato.
Termini Imerese è solo un simbolo più grande, per le oltre duemila famiglie a cui è concesso un anno di disperazione in più. Per quel di più di ingiustizia che porta a ritenere inutile o impossibile la ristrutturazione, con i soldi pubblici, di un impianto industriale al Sud e a tenere allegramente in piedi Malpensa: il più grande investimento improduttivo della storia della Repubblica. Ma nessuno lo dice: quello è Nord, quello è sviluppo. Fiat, per parte sua, si fa schermo di un potenziamento dell’investimento su Pomigliano d’Arco, aumentando la produzione per tutto il Mezzogiorno. Ma siamo alla logica del più bieco liberismo: territori contro territori, sud contro sud, ultimi contro penultimi e loro diverse sventure. Perché oltre il tè caldo e gli scioperi Fiat, nella crisi, questo Paese si scopre balordo e cannibale. Tutto quello che non doveva essere detto è stato detto. Imprenditori che hanno goduto di generosi aiuti pubblici ci insegnano che «se un impianto è improduttivo va chiuso, e basta». Marchionne invita gli operai a «guardare in faccia la realtà». Già, la realtà. Le famiglie di Pomigliano, le famiglie di Termini, le famiglie di Aci Sant’Antonio. Si sa, tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo. Cos’erano, queste parole? No, la fine di una storia.

 

                                                                 l'Unità

                                                       Giuseppe Provenzano

 


ACI S. ANTONIO Motoraduno all’insegna della mitica Harley Davidson

Da Napoli alla Sicilia con un’unica, forte passione: quella per la mitica Harley Davidson. La particolare "avventura su due ruote" è stata affrontata da un gruppo di quattro "harleysti" doc: Hendry Marinelli, Roberto Cavallaro (con origini siciliane) e rispettive compagne, appartenenti al Daytona Beach Chapter di Napoli. Partiti dal capoluogo partenopeo, hanno fatto tappa nel Catanese, per ricambiare la visita compiuta in precedenza in terra napoletana da un gruppo di appassionati acesi, soprattutto di Aci S. Antonio. Tutti insieme, per qualche giorno, hanno scorazzato a bordo dei loro potenti mezzi a due ruote per il territorio acese, attraversando diversi centri, tra cui quelli di Acireale ed Aci S. Antonio. «Questo appuntamento - hanno assicurato i promotori del singolare "gemellaggio"- avrà quasi sicuramente un seguito perchè c’è la volontà comune di cementare l’amicizia e la passione in comune per le Harley Davidson».

ANTONIO CARRECA

 


L'oratorio

Era il 1906 quando un sacerdote originario di Aci sant’Antonio, Giovanni Pulvirenti, ebbe l’idea di comprare uno spazio ed edificarvi un oratorio. Realizzato con un gran salone, un cortile e alcune stanze per la catechesi e inaugurato nello stesso anno venne intitolato a Gesù Bambino di Praga. L’oratorio era denominato festivo perché era aperto solo il sabato e la domenica. Ogni fine settimana, Pulvirenti, percorreva il tragitto Acireale-Aci sant’Antonio per occuparsi dei ragazzi, confessarli, celebrare per loro la S. Messa festiva, comunicarli, insegnare il catechismo; tutto ciò a piedi per risparmiare i soldi e comprare le caramelle per i bambini. Nel 1911 fu fatto vescovo e lasciò la sua eredità ad un altro sacerdote, Giuseppe di Bella, che fu per oltre 50 anni l’animatore dell’oratorio che era soltanto maschile perché le bambine andavano nel collegio delle suore. L’oratorio fu poi donato alla parrocchia e negli anni ha avuto alcuni lavori di ristrutturazione.

Adesso, dopo un investimento di 150mila euro, da parte del presidente della Regione Siciliana, la funzionalità dell’edificio è stata ripristinata. Nel periodo invernale viene utilizzato prettamente come salone teatrale ospitando anche alcuni artisti come don Giosy Cento, il prete cantautore e il comico di Zelig e Colorado Cafè, Carlo Pastori. In estate è reso funzionale anche il cortile esterno per le attività del grest estivo per tutti i ragazzini del paese. “E’ un centro che funziona al servizio della gioventù”, afferma padre Vittorio Rocca, e amaramente aggiunge che  “purtroppo ad oggi è la parrocchia a farsi carico di qualunque spesa per l’oratorio”. Padre Rocca si occupa di tutta l’attività oratoriale facendosi carico dell’organizzazione di tutte le varie attività e auspicherebbe una maggiore attenzione da parte delle istituzioni cittadine e degli enti locali.

                                                                                                          Simona Giovanna Zappalà


La SAT una triste realtà di Aci Sant'Antonio per 165 famiglie

Improvvisamente 165 lavoratori perdono il lavoro; speranza e disperazione avvolgono i loro volti. Così alcuni operai decidono di compiere un gesto estremo: salgono sul tetto in forma di protesta... Sembra l'avvincente trama di un film e invece è la triste e cruda realtà che 165 lavoratori della SAT di Aci Sant'Antonio stanno vivendo.

Li avevamo lasciati così...

Lo scorso anno la Sat di Aci Sant'Antonio, produttrice di frammes diffusori di calore per conto della ST Microelectronics, ha deciso di delocalizzare e di interrompere il rapporto di fornitura con la Sat. La ST Microelectronics con la disdetta degli ordinativi alla Sat ha reciso gli ultimi legami che la collegavano alla Etna Walley e alla Sicilia. La direzione aziendale ha messo in liquidazione l'azienda. Nell'agosto del 2007 infatti l'impresa, senza preavviso, ha comunicato il trasferimento dal Marocco all'Asia dei propri stabilimenti.

La Sat per fronteggiare la crisi e per mantenere i livelli occupazionali fa richiesta di ammortizzatori sociali dapprima con un contratto di solidarietà al 20%, poi passa al 25% per finire con CIGS al 50%. Contemporaneamente avvia un piano di diversificazione di prodotti con la progettazione e la costruzione di stampi per la Magneti Marelli, la Silca, l'Ave. Tuttavia, pur avendo personale qualificato e macchinari di altissimo livello tecnologico, non riesce nell'impresa; così, alla fine del 2008 la proprietà decide la strada del concordato preventivo. Tutto ciò avviene mentre l'azienda avvia un percorso di delocalizzazione delle attività di tranciatura in Cina, dando vita, tramite una joint venture con una società americana, ad un'attività produttiva omologa alla Sat.

Ma ci sono nuovi sviluppi: lo scorso 5 maggio, dopo un “sit in” davanti la fabbrica, un centinaio di lavoratori si sono arrampicati su un capannone alto 30 m minacciando di restarci finché non si sarebbe ridiscusso del futuro dell'azienda. Rinunciando alla pericolosa forma di protesta i lavoratori rimangono in assemblea permanente nella sede della task force. Dopo il passaggio alla provincia, i rappresentanti dei lavoratori sono stati convocati dall'azienda attraverso il loro legale, l'avvocato Andronico. In quella sede è stata proposta la possibilità di riuscire a salvaguardare parte degli occupati mantenendo attiva parte dell'attività. In realtà, questa ipotesi, non è stata ben accetta dai sindacati. Ad oggi i lavoratori hanno ottenuto la cassa integrazione ma passeranno almeno due mesi per avere materialmente i soldi. “Aumenta la preoccupazione – afferma Giuseppe Di Mauro - 160 famiglie sono disperate. All'inizio ci sembrava solo un brutto sogno ma ora ci rendiamo conto che è una triste realtà. Questo è un dramma sociale, e soprattutto la parte politica deve farsene carico”.

Lo scorso 15 maggio, l'azienda ha invitato le autorità a partecipare all'incontro istituzionale per cercare una soluzione a questa odissea.

“Non è pensabile che nell'arco di 6 mesi, un'azienda di eccellenza che si pone ai livelli più alti nella produzione di tranciature e che ha avuto importantissime aziende sia ridotta in queste condizioni – ha affermato Tuccio Cutugno, sindacalista Fiom - c'è una responsabilità politica, sociale ed economica  da parte della più grande azienda industriale della Sicilia e del nostro territorio”.

La classe politica si è fatta carico di questa emergenza e ha promesso di adoperarsi affinché si possa arrivare ad un lieto fine. Un impegno politico che, secondo Giuseppe Di Mauro, è venuto a mancare e non ha risolto il problema occupazionale. Difatti, prosegue il sindacalista “stiamo cercando di salvare la maggior parte dei posti di lavoro costituendoci in cooperativa. E’nata la Sat Energia (con presidente Valeria di Martino) con circa 100 operai e passiamo da semplici operai a lavoratori e imprenditori”. Gli operai restano in assemblea permanente a causa della mancata erogazione della cassa integrazione da circa 4 mesi.

La questione resta ancora irrisolta.

Domani è un altro giorno…

 

Simona Giovanna Zappalà

 


La solidarietà della Sicilia in Abruzzo

Il racconto della missione della Protezione Civile Comunale Santantonese

Aci Sant’Antonio (Ct) – Era aprile quando la terrà tremò in Abruzzo e sconvolse la vita di un’intera regione. Da quel mese tutta l’Italia si è mobilitata per portare aiuti, soccorso e beni di prima necessità: in una parola “solidarietà”.

Fondamentale in queste situazioni di straordinaria emergenza è l’apporto della Protezione Civile, che come sempre ha svolto un ruolo fondamentale nella gestione dell’emergenza. Abbiamo raccolto la testimonianza di Salvatore Zappalà, un componente del gruppo della Protezione Civile di Aci Sant’Antonio, che dal 23 giugno al 2 luglio è stato in Abruzzo, precisamente nel campo di Palombaia di Torrimparte.

“Siamo partiti in sei da Catania – ci spiega – per raggiungere il campo dove abbiamo montato nuove tende, aiutato nella gestione delle cucine e altre attività di supporto alla popolazione”. Il gruppo (Zappalà Salvatore, Zappalà Antonio, Sapone Francesca, Licciardello Rita, Mannino Rosetta, Privitera Michele) ha anche aiutato nel montaggio delle basi per gli elicotteri delle forze di polizia e il lavoro di certo non mancava nel campo. “Ancora di notte la gente era molto spaventata per le scosse di assestamento – il cosiddetto sciame sismico – e per questo abbiamo montato alcune tende nei giardini di alcune abitazioni, in modo tale che durante il giorno si poteva stare nella propria casa per poi invece dormire in tenda”.

Le foto scattate dal gruppo della Protezione Civile testimoniano la gravità del terremoto: interi paesi distrutti, alcuni completamente inaccessibili e rasi al suolo dalla forza dirompente del sisma. “Ancora si prevedono tempi lunghi per tornare alla normalità – prosegue il sig. Zappalà – nonostante sia avviata la ricostruzione, ma gli aiuti non mancheranno visto che giorno 11 agosto è fissata un’altra missione in Abruzzo”.

Tra le varie immagini che colpiscono ce n’è una che lancia un segnale di speranza: una foto di gruppo con una bandiera con su scritto “L’Aquila tornerà a volare”, questa è la nostra speranza che si concretizza anche attraverso le missioni della Protezione Civile e di altre associazioni di volontariato.

Andrea Sessa